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Costumi da festa in sicilia

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DruidessaCeltica
view post Posted on 22/3/2011, 17:26




Abiti femminili.
Il più tradizionale dei costumi siciliani femminili è composto da una gonnella di lino o di cotone, o di lamé a colore, chiamata fadetta o fadedda. E’ una gonnella semplice e comoda, che scende dalla cintura fino al piede, da indossare sulla sottoveste, che può essere o no unita con lo spénsiru o col jippuni dello stesso o altro tessuto a colore. Sulle spalle scende a punta un fazzoletto bianco o a colore, fermato con uno spillo sul petto. Un grembiule modesto sulla gonna, delle calze color cerulee, scarpine nere e una mantellina di panno sul capo completano l’insieme di un vestire modestissimo.

La mantellina in particolare si indossava in ogni occasione (e spesso era un capo che durava tutta la vita). Con la mantellina, in ogni stagione, le donne uscivano di casa, andavano in paese e in campagna.

Quando si recavano in Chiesa, a qualche processione o a visite non ordinarie, indossavano la faddigghia, sopravveste di seta nera, che dalla cintura scende ampiamente fino al piede e, secondo i luoghi, un manto foderato con la mantellina, ma senza orlo, di panno, o secondo il ceto, di seta nera (cativellu o armuscinu) il quale copre il capo e avvolge tutta la persona cadendo flessuosamente più sotto delle ginocchia.

Il manto è il più caratteristico dei costumi dell’Isola. Nella provincia di Messina le ragazze chiamavano questo capo d’abbigliamento "orate frates", in quanto a passeggio o in Chiesa, quando volevano farsi notare da qualche giovanotto, si scoprivano improvvisamente il capo e il corpo come per aggiustarsi. Sotto il manto nero, infatti, appariva un busto bianco anche senza fazzoletto che metteva in evidenza il collo e il seno.

In ogni parte della Sicilia era un manto, più distinto dall’ordinario, che metteva in vista certe donne di buona famiglia. Infatti chi possedeva un manto aveva già qualcosa di suo e qualche volta lo dava in affitto ad un soldo l’ora a quelle popolane che non potevano permetterselo. Con qualche civetteria il manto si appuntava al fianco sinistro, formando una rientratura nella linea retta cadente, dall’alto al basso, a panneggiamenti artistici, particolari che rompevano la monotonia della linea nella figura di chi l’indossava.

Il manto veniva usato per le maritate o per le giovinette da marito, per le quali "l’ammantarsi", era come il passare da uno stato all’altro: ragione questa di congratulazioni di amiche e parenti alla madre della neo-ammantata. Scherzosamente veniva chiamato anche "cummoghia-miserii" (copri miserie) poiché sotto questo manto la popolana poteva indossare vestiti consunti senza che nessuno se ne accorgesse. La qualità naturalmente variava secondo le condizioni economiche e civili della donna che lo indossava, ma la tinta rimaneva sempre nera, leggero d’estate , di panno pesante d’inverno; indossato col cappuccio cadente sulle spalle indicava che si andava a sbrigare affari, col cappuccio in testa a visite di riguardo o in Chiesa.

Anticamente l’uso del manto era consuetudine di tutte le donne, fino a qualche tempo addietro potevamo ancora trovarlo tra le donne che vivevano in campagna o in zone di mare. Le operaie adoperavano invece un comunissimo scialle che costituiva il tradizionale abito paesano.

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Donna di Agrigento in abito da festa.
L’abito è intero di seta marezzata cinto in vita molto ampio che scende fino alle caviglie, può essere composto da tre o quattro teli ornati verso il basso con applicazioni di gale pieghettate e variamente arricciate e disposte, sulle spalle ritroviamo la famosa mantellina nera sotto la quale si intravede un fazzoletto variamente decorato.

Abiti maschili.

Per quanto riguarda i costumi degli uomini, anche questi si possono dividere in due categorie: giornalieri e festivi. In ciascuno di essi si riflettono le cause (geografiche e storiche) che li hanno determinati o influenzati.

L’indumento più primitivo è quello dei pastori, indossato dai pastori durante la pioggia o il cattivo tempo, quando erano intenti a guardare le mandrie. E’ composto da una giubba (giubbini) e dai calzoni (vrachi) formati con pelli di capra. Di pelle d’animale sono coperti anche i piedi, da questo dipende il nome che assumono questo tipo di calzature: scarpe di pilu (scarpe di pelo). Sono formate da un pezzo di cuoio ripiegato in punta e fermato da piccole corregge al collo del piede, lasciandone scoperto il dorso.

Questa forma di calzature era molto adoperata, non solo dai pastori, ma anche dai contadini.

Dell’antica foggia di vestire dei contadini, rimane ancora oggi qualche esempio presso i più anziani nei villaggi di montagna.

Il loro abbigliamento consisteva in un paio di brache di velluto (causi) senza apertura davanti, strette da fibbie al ginocchio, abbottonate lateralmente sui fianchi e legati alla cintura da una larga fascia di cotone verde o azzurro. Un gran panciotto (panzera) della medesima stoffa con una sfilza di bottoni in ottone che copriva il torace e su di esso una casacca (jippuni) di velluto scuro con ampie tasche interne ed esterne. Copriva il capo un berretto di panno marrone per i contadini, azzurro per gli uomini di mare, che piegato pendeva sulla spalla. Dal ginocchio in giù le gambe erano coperte da calze di cotone bianco in estate, di panno nero in inverno.

Segnano il passaggio da un’epoca all’altra alcuni cambiamenti di linee nel vestiario, infatti in seguito i calzoni si allungano senza più svasature e la giacca si modella al corpo.

La qualità della stoffa e la varietà del colore permettono d’individuare, a volte, il mestiere di colui che l’indossa. Il contadino adopera quasi sempre stoffe scure.

Al corredo maschile più recente, appartengono le camice e le mutande, che la donna completa con le proprie mani per il marito o il figlio. Le mutande sono sempre lunghe di colore bianco in lino come anche le camice.

Di origine meno recente infine, sono i cappotti che completano il corredo maschile dei contadini e dei pastori di Sicilia: in ragione di chi li porta sono di stoffe e di dimensioni diverse. Dalla tistera, con un cappuccio che copre il capo lasciando libero soltanto il viso, allo scappularu, che arriva alle braccia ed alle mani, al cappotto che giunge fino alle gambe. Giunge anche a proporzioni tali da poter coprire molte persone insieme e si usava specialmente cavalcando d’inverno in quanto viaggiando era un indumento indispensabile sia per i contadini che per i proprietari.

Lo scappularu è simile ad una tonaca dei frati cappuccini, ma senza maniche. Questo tipo di cappotto è simile alla ciucca, abito lugubre che si portava per onorare i morti.


Contadino di Randazzo in abito da festa.
Il costume è composto da una giacca corta di grossa lana nera, pantaloni dello stesso tessuto che arrivano fin sotto al ginocchio che vengono completati in vita da una fascia a strisce, mentre dal gilet di colore blu abbottonato sul petto si intravede la camicia bianca in grossa tela casalinga. Stivaletti di pelle comune, il capo è coperto da un berretto che scende sulla spalla.

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fonte : ENTASIS



Edited by DruidessaCeltica - 22/3/2011, 17:57
 
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icon1  view post Posted on 5/5/2021, 06:08




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Word that in games where greater than 5 cards can be
found, the participant is free to pick whichever cards make the
lowest hand.
 
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